

Sono una psicologa e psicoterapeuta e lavoro con adolescenti, giovani-adulti, genitori e coppie e, ormai da alcuni anni, con gli Italiani che vivono all’estero.
Nel mio lavoro accompagno le persone, che sentono in qualche modo la loro vita sospesa e bloccata, a comprendere che cosa le sta mettendo all’angolo e a riprendere in mano il filo dei loro passi, della loro unicità e delle loro relazioni.
Il senso del mio lavoro prende avvio a fronte di quei momenti in cui la sensazione è un po’ quella di essere incastrati in una sorta di labirinto, dove la strada per uscire sembra difficile da trovare e che tutto stia traballando.
In quei momenti in cui la sofferenza prende mille forme per raccontarsi.
Il senso di non riconoscersi più, di smarrimento per non riuscire a capire che cosa stia succedendo, di paura all’idea di perdere le relazioni importanti.
Spesso a quei momenti si accompagnano sintomi diversi come attacchi di panico, fobie, ossessioni, e vissuti molto intensi, per esempio, di forte tristezza, angoscia, frenesia o profonda irrequietezza.
Il mio compito è affiancare le persone, mettendo a disposizione le mie competenze, a comprendere e sciogliere la maglia della sofferenza in cui si sentono imbrigliate e a trovare nuove possibili strade che permettano loro di riprendere il cammino.
Un’impresa comune, in cui la condivisione e la collaborazione rappresentano i binari.

Perché faccio quel che faccio
Se provo ad osservare il modo in cui ha preso forma la scelta di fare questo lavoro, ma anche ciò che mi spinge a sceglierlo ancora oggi, rintraccio questi fili.
L’amore per le storie dell’Altro
Mi sono sempre trovata ad acchiappare i racconti di chi incontravo e, senza rendermene conto, ad “entrarci dentro”, scoprendo in essi mondi sconosciuti e cosí diversi dal mio.
Esperienza che mi ha restituito un profondo senso di rispetto per la diversità altrui e mi ha indicato un modo per accedere al mondo di chi è diverso da me e provare, cosí, a comprenderlo.
Il mio lavoro è, prima di ogni altra cosa, far posto alla storia dell’Altro e al suo modo di intendere il mondo; calarmi nella sua pelle e provare a vedere e a sentire le cose come lui le vede e le sente.
Passaggio imprescindibile per comprenderlo e per poter davvero capire come posso essergli utile nell’unicità del suo percorso.
La sofferenza e le possibilità della relazione
Nel tempo sono arrivata a pensare che non ci sia peggior sofferenza che sentirsi soli nella propria sofferenza.
E, sempre nel tempo, ho maturato la convinzione che nella relazione, quella stessa sofferenza possa, se non sparire, almeno assumere sfumature e possibilità diverse.
Mi avvicino alla persona che vive una sofferenza guardandola come qualcuno che comunque sta facendo del suo meglio per fronteggiare ciò che sta vivendo.
Mi affianco a lei con la consapevolezza che quello che sapremo comprendere, immaginare e costruire insieme potrà essere capace di trasformare quegli spazi di dolore e fissità in spazi di vita rinnovati.
Il senso di una rinnovata speranza
Continuo ad essere toccata dal momento in cui negli occhi delle persone che affianco si riaccende un senso di curiosità e fiducia nei confronti di sé stessi, degli altri, della vita.

Un po’ del mio percorso

Il mio percorso formativo
Sono nata come Psicologa dello Sviluppo nel 2003, all’Università di Urbino.
Negli anni successivi ho approfondito le tematiche relative all’età evolutiva perfezionandomi in Psicopatologia dell’Apprendimento, sempre nella stessa università.
Avvertendo il desiderio di continuare e ampliare la mia formazione ho intrapreso una ricerca, piuttosto serrata, di una scuola di formazione in psicoterapia che parlasse un linguaggio in cui potessi riconoscermi e sentirmi allineata.
È stato cosí che mi sono imbattuta nella Psicologia dei Costrutti Personali di Kelly -che avevo solo sentito accennare nel mio percorso universitario- e nella Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Costruttivista ad indirizzo narrativo- ermeneutico (CESIPc) di Padova.
Mi sono cosí iscritta nel 2006, specializzandomi poi nel 2011.
Sempre nella stessa scuola ho cominciato poi ad occuparmi di formazione degli studenti iscritti.
Prima come co-didatta e, dal 2019, come didatta.
Il mio percorso professionale
Durante il mio percorso professionale ho avuto modo di sperimentarmi e di crescere in diversi ambiti.
Dal 2010, in ambito privato, nonché in ambito pubblico durante il mio tirocinio formativo, mi occupo di psicoterapia dell’adulto e della coppia, sia face-to-face che online.
Il mio lavoro nel tempo è diventato “itinerante”, imparando a trovare “luoghi diversi” per potersi realizzare.
Infatti, dopo aver avviato nel 2010 uno studio a Torino, mi sono trasferita nel 2013 in Inghilterra.
Da lí sono cominciate due esperienze importantissime per me: quella della psicoterapia online con le persone che stavo seguendo già in Italia -e con cui ho continuato a lavorare “a distanza”- e quella con gli Italiani residenti all’estero, lí, sul posto.
In Inghilterra, insieme ad una mia collega italiana, ho avviato un servizio di psicoterapia rivolto proprio agli italiani residenti all’estero.
Poco a poco, attraverso gli incontri con le persone con cui facevo dei percorsi di psicoterapia ed elaborando la mia esperienza personale, mi sono ritrovata ad essere molto coinvolta nel tentativo di esplorare e comprendere la complessità psicologica racchiusa in una vita all’estero.
Anche ora che sono rientrata in Italia, una parte significativa del mio impegno professionale è rivolto sia a lavorare con gli italiani all’estero, offrendo servizi di terapia online, ma anche ad approfondire le tematiche connesse all’espatrio.
Accanto al lavoro con gli italiani all’estero, il mio lavoro ha anche un altro “luogo” dove abita: il mio studio a Torino dove incontro adolescenti, giovani-adulti, genitori e coppie per percorsi di consulenza e terapia.
Durante il mio percorso ho lavorato anche per diversi anni con gli adolescenti, alle prese con il delicato compito di ridefinizione di Sé. Ci ho lavorato in contesti diversi: nelle scuole attraverso interventi di sostegno individuale e gruppale; nel contesto privato con percorsi terapeutici e in un’associazione per ragazzi con disabilità.
Ho rivolto parte del mio impegno al supporto alla genitorialità, gestendo alcuni servizi di consulenza nelle scuole.
Mi sono occupata di apprendimento scolastico, sia attraverso percorsi di valutazioni neuropsicologiche dei bambini con difficoltà di apprendimento che di percorsi di formazione per gli insegnanti e studenti della Facoltà di Psicologia su tematiche inerenti lo sviluppo cognitivo del bambino.

Il mio approccio psicologico alle persone
La mia teoria di riferimento è la Teoria dei Costrutti Personali di George Kelly, rielaborata in chiave narrativo- ermeneutica da Gabriele Chiari e dal gruppo del CESIPc (Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Costruttivista).
Una teoria che, in un linguaggio per certi aspetti difficile, complesso e rigoroso, racchiude un approccio all’uomo profondamente rispettoso e desideroso di comprenderne la visione, nonché estremamente fertile rispetto alla possibilità di riaprire possibilità di vita.
Un approccio che non si fa giudice e detentore del sapere dell’altro, ma che si rende compagno dell’uomo rispetto alla possibilità di ri-acciuffare il senso unico dei suoi passi.
George Kelly, nel 1955, scrivendo a proposito dell’Alternativismo Costruttivo, pilastro su cui fonda e articola la sua teoria e il suo lavoro, diceva:
“… tutte le nostre attuali interpretazioni dell’universo sono suscettibili di essere riviste […]. Nessuno è rinchiuso in un angolo; nessuno è completamente vincolato dalle circostanze…” (Kelly, 1955)

In queste parole è racchiusa una visione dell’uomo che ha implicazioni importanti a tanti livelli.
Qual è la tua visione?
Kelly parla di interpretazioni, suggerendo che ogni uomo si muove nel mondo sulla base di una sua personale visione della vita, di sé stesso e del suo rapporto con gli altri; visione che ha preso forma -e continua a prendere forma- mano a mano che la sua storia relazionale va avanti.
Una tale premessa, oltre a mettere tra parentesi qualsiasi forma di oggettività o presunta “realtà delle cose”, restituisce all’uomo un senso di responsabilità rispetto al modo in cui, dando senso alle cose, agisce.
Nelle mani di ciascuno, così, risiede la possibilità (che si voglia o no, che ce lo si possa permettere o no) di prendere consapevolezza della propria parte e rivisitare, ampliandolo, il proprio modo di dare senso alle cose, di mettersi in relazione, di muoversi nel mondo.
Il senso di legittimità personale
In questa premessa c’è uno sguardo che restituisce legittimità alla persona nella sua unicità: qualsiasi cosa essa faccia, anche quando da un punto di vista esterno risulta poco comprensibile o “insensata”, lo sta facendo nel tentativo di portare avanti il suo modo di stare al mondo, di mettersi in relazione con sé stesso e gli altri.
Non ci sono così visioni “giuste o sbagliate”, ma modi diversi di dare senso alle cose; alcune che permettono più possibilità, gradi di libertà e di movimento più ampi, e altre che riducono gli spazi di movimento personali e relazionali.
Nel cammino ci si può bloccare, ma la sofferenza che si genera non è in sé “patologica”, ma è compresa nei termini di un modo che la persona trova per poter far fronte alla possibilità di perdere sé stessa e la sua relazione con il mondo circostante. È un modo per sopravvivere, la “scelta” che risulta essere il “meno peggio” per rimanere in piedi in qualche modo.
Ogni persona, quindi, per quanto possa sentirsi il mondo che la sta schiacciando e priva di possibilità, è considerata e avvicinata come qualcuno che, comunque, sta facendo del suo meglio per restare in piedi e che, da quella posizione, può fare altri passi per riprendere il cammino.
Quali altre strade possibili?
E poi Kelly dice “nessuno è rinchiuso in un angolo”: in queste parole c’è uno sguardo che si rivolge al futuro e alle possibilità che ancora devono essere percorse.
L’uomo, ogni uomo, è un mistero, qualcosa che non può essere mai definito, chiuso in una categoria, in una descrizione o in una diagnosi.
Ci sono sempre delle possibilità che ancora possono essere immaginate.
In questo, c’è uno sguardo che rende l’uomo libero, restituendogli possibilità di vita rinnovate; possibilità che non lo rendono diverso da quel che è, ma che possono ampliare chi è, facendogli scorgere altri possibili percorsi di azione nella relazione con sé stesso e gli altri.